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Mancava ancora all’appello una bella Riserva che facesse da corollario ad un quadro già qualitativamente alto dell’azienda di Marenza Pengue e Pasquale Giordano. E’ ottenuta da aglianico e sangiovese, due uve che in più occasioni hanno dimostrato di saper convivere molto bene, capaci di dare vini longevi e complessi, in casa Fosso degli Angeli hanno trascorso due anni in barrique, poi un anno di affinamento in bottiglia.
Ancora una volta il nome del vino vuole richiamare il profondo legame con i Sanniti, l’epigrafe che riporta il nome “Safinim” in osco, fu scoperta a Pietrabbondante (IS) il 5 novembre 1857, oggi si trova al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Nel calice il Safinim mostra un colore rubino fitto con vaghi cenni granati all’unghia, merito principalmente della lunga macerazione e dell’ottima capacità dei piccoli legni di fissare il colore. Non tradisce le attese all’olfatto, rivelando una miscellanea di frutti di bosco e spezie in formazione, con ancora qualche riflesso boisé, molto contenuto, che non tarderà a fondersi completamente con l’ottima materia; l’evidente vena balsamica non nasconde piacevoli ricordi di petali di rose scure e riflessi leggermente pepati.
Al palato mostra un corpo in ottimo equilibrio, con una solida freschezza e un tannino calibrato e di grana fine, anche qui il legno chiede un po’ di tempo per assestarsi del tutto, ma la traccia è raffinata, profonda, a garanzia di un futuro lungo e ricco di sostanza. L’ottima qualità è evidenziata dal lascito pulito e rigoroso, dagli spigoli smussati, riesce ad essere morbido eppure intenso e con un guizzo vitale che accompagna il persistente finale. Sfiora la quinta chiocciola, ma crescerà ancora…